DESIGNAZIONE DEL COMITATO CITTADINO

venerdì 19 marzo 2010

migole di dialet

Amici Lettori,
 a proposito delle Migole di dialet, il vicesinsaco Rolfi si è sentito in dovere di replicare al nostro Emanele dando vita al dibattico apparso su un quotidiano di Brescia,  per chi  non l'ha letto pubblichiamo il botta e risposta dei lettori.  Al secondo cittadino io chiedo briciole di buon senso e non di dialetto. Il dialetto si apprende  in famiglia caro Rolfi........e poi parliamo di analfabetismo di ritorno...per forza.!

dal "GIORNALE DI BRESCIA" del 10 Marzo 2010
A proposito di «Migole de dialet»
Le chiedo spazio per replicare alla lettera pubblicata in data 21 febbraio dal signor Formosa, dove veniva manifestato un certo distacco nonché disapprovazione al progetto «Migole de dialet».
Mi trovo in evidente e totale disaccordo con quanto espresso, perché ritengo il dialetto in assoluto una lingua viva, la lingua naturale di una comunità. Un idioma che i ragazzi sentono parlare fin dalla loro tenera età e che, di conseguenza, credo fondamentale possa essere conosciuto anche da loro, dando loro l'opportunità di imparare i suoni e i significati. La scuola è efficace nell'attività di educazione quanto più risulta inserita nel suo territorio e quanto più riesce a concretizzare il suo insegnamento didattico con la realtà. La sfida della scuola deve essere quella di saper formare una classe dirigente al passo coni tempi, promuovendo quindi materie come le lingue straniere e l'informatica, senza però dimenticare le radici nonché l'identità della comunità di provenienza.
Nel mondo globalizzato che tende ad appiattire le differenze e ad omologare gli stili di vita creando il consumatore globale privo di radici identitarie, credo che favorire in modo simpatico e volontario la curiosità verso il dialetto sia non soltanto utile ma anche necessario.
Trovo poco originale e oltremodo strumentale, invece, la relazione espressa dal signor Formosa tra quest'iniziativa, costata un totale di 3mila euro interamente finanziata dalla Regione Lombardia, e le carenze dei fondi della scuola italiana in quanto queste evidenti carenze sono purtroppo da ricercare in una crisi di sistema di un Paese che per decenni ha dilapidato risorse pubbliche in politiche clientelari e assistenziali che hanno causato il debito pubblico attuale. Debito che qualcuno oggi, a fatica, cerca di ripianare e che certamente non è prodotto dalla stampa dei sussidiari «Migole de dialet».
Al. signor Formosa, che all'insegnamento del dialetto preferisce investire le risorse per l'integrazione dei bambini stranieri (per i quali sia la scuola sia gli enti pubblici fanno già molto e continueranno a fare visto la sua importanza sociale), vorrei soltanto dire che non è un peccato una volta tanto essere orgogliosi della propria storia e voler mantenere le proprie tradizioni attraverso il loro insegnamento ai più piccoli.
Fabio Rolfi
Vice sindaco Comune di Brescia

Le repliche :
apparse il 14 marzo

Le chiedo di concedermi l'opportunità di rispondere alla replica che in data 10 marzo il vice sindaco di Brescia Fabio Rolfi ha dato alla mia del 21 febbraio, vertente sul progetto didattico «Migole de dialet».
Mi spiace che il signor Rolfi abbia in parte frainteso le mie parole: non disapprovo affatto la diffusione del dialetto. Ciò che mi trova invece in disaccordo è la proposta dello studio del dialetto nelle scuole.



Innanzitutto, ringrazio il signor Rolfi di averci informato del fatto che il costo dell'acquisto dei volumi, in tutto 3.000 euro, è stato finanziato interamente dalla Regione Lombardia. È confortante apprendere che la Regione Lombardia, che già destina il 90% dei suoi fondi per il diritto allo studio ai soli studenti della scuola privata (che rappresentano soltanto il 9% della popolazione scolastica), reperisca fondi per finanziare questo progetto proprio ora che le scuole pubbliche subiscono tagli alle risorse tali da rendere quasi impossibile il proseguimento dell'ordinaria attività didattica.


Osservo inoltre che il signor Rolfi non ha menzionato il fatto che il progetto in questione verrebbe affiancato da un omonimo spettacolo teatrale da allestire nelle scuole, evitando in tal modo di informarci di quanto costa e di chi finanzia lo spettacolo.


Se 3.000 euro per l'acquisto dei volumetti siano pochi o tanti, considerata l'attuale condizione finanziaria della scuola pubblica bresciana, e se la relazione da me espressa tra quest'iniziativa e le carenze dei fondi della scuola bresciana sia strumentale, lasciamolo giudicare a quelle centinaia e centinaia di genitori che sabato 6 marzo hanno sfilato per le vie del centro di Brescia proprio per protestare contro l'insufficiente finanziamento della scuola pubblica bresciana. A proposito, il vice sindaco sa che fra quei genitori v'erano anche non poche persone che votano per il centrodestra?


Durante un'assemblea pubblica tenutasi il 23 febbraio, e durante una riunione scolastica alla quale ho partecipato il giorno successivo, la mia lettera del 21 febbraio è stata - mi creda, non su mio impulso - letta ed illustrata ai genitori ed agli insegnanti presenti, nessuno dei quali era fino ad allora al corrente del progetto «Migole de dialet»?


Le reazioni degli insegnanti, ossia di quei soggetti che sarebbero chiamati ad aderire al progetto, si sono divise fra l'ilarità e l'indignazione. Divertiti dalla prospettiva erano i non pochi insegnanti non bresciani che si chiedevano se per caso dovranno frequentare dei corsi di formazione per apprendere l'idioma locale, precondizione necessaria per insegnarlo a loro volta. Indignati erano invece quegli insegnanti bresciani, cultori ed amanti del nostro dialetto, che si chiedevano come si possa pretendere di sottrarre del tempo all'insegnamento delle numerose materie per insegnare un po' di dialetto, oltretutto in una situazione di costante crescita del numero degli stranieri da alfabetizzare non bilanciata da un adeguato numero di insegnanti e di progetti dedicati all'alfabetizzazione, e con un numero di ore da dedicare all'integrazione degli stranieri in costante calo. Mi pare che le sopra esposte reazioni degli insegnanti facciano presagire che il progetto in questione troverà la stessa adesione riscontrata a Brescia dalle ronde.


Il progetto didattico «Migole de dialet» è, a mio avviso, una provocazione e un affronto, considerato che nelle scuole materne e nei nidi comunali mancano i supplenti, e che dal Comune non vengono più finanziati vari progetti delle scuole Primarie, in particolare quelli che prevedevano l'intervento di psicologi.


Mi pare di aver con ciò opposto alle affermazioni espresse dal vice sindaco fatti e situazioni reali della società bresciana attuale - che non è più quella dei tempi nei quali è ambientato «L'Albero degli zoccoli» - e di aver fedelmente esposto la condizione concreta in cui la scuola bresciana si dibatte.


Emanuele Formosa
Brescia

La replica di Paola Dioni al vicesindico apparsa sempre nella stessa data:

Leggo sul giornale del 10 marzo, le parole del vice sindaco Rolfi in merito al progetto «Migole de dialet». La risposta merita certamente una riflessione. Sono mamma di 2 bambini, che da poco hanno iniziato il loro percorso formativo. La scuola che hanno incontrato è letteralmente allo sfascio. Da dove viene questo dramma? Secondo il vice sindaco da «una crisi di sistema di un Paese che per decenni ha lapidato risorse pubbliche in politiche clientelari e assistenziali che hanno causato il debito pubblico attuale».



Vorrei ricordare al sig. Rolfi che i tagli terribili effettuati sulla pubblica istruzione portano la firma di due ministri, Tremonti-Gelmini, appoggiati e sostenuti con forza dalla Lega, che ne ha condiviso strategie e decisioni. Sempre questo governo, Pdl e Lega, ha deciso di non rimborsare i soldi che le scuole avevano anticipato per pagare gli stipendi ai supplenti.


Se le scuole sono in bolletta, non è colpa di una generica crisi, ma di una chiara volontà politica che ha scelto di operare tagli e riduzioni. La Regione Lombardia, Pdl e Lega, stanzia ogni anno decine di milioni di euro per la scuola. Ebbene: i soldi stanziati finiscono al 90% nelle scuole private. A Brescia sono arrivati, nell'anno scolastico 2008/09, ben 4.085.182,28 euro. Non uno è stato dato a un alunno frequentante scuole pubbliche.

La nostra Costituzione vieta il finanziamento pubblico delle scuole private. Ma fatta la legge, trovato il raggiro. E pare che questi nostri governanti siano decisamente abili nell'interpretare con fantasia le norme! Non dimentichiamo anche il blocco dei finanziamenti alla scuola del nostro Comune, uscito dal Patto di Stabilità e non ancora rientrato (siamo tutti con le dita incrociate, per disperazione!).

Adesso vengono spesi 3.000 euro per il progetto «Migole de dialet»: sussidiari di dialetto!

Sappiamo che la Lega tiene molto a questo tipo di iniziative legate alla nostra «appartenenza». E infatti finanzia con 10.000 euro il concorso delle bellezze nostrane (Miss Padania); con 7.000 euro il torneo delle nazioni non riconosciute (W la Padania!); sostiene 47.000 euro di spese legali per difendere il bonus bebè riservato ai piccoli bresciani doc!

Chissà quanti progetti avrebbero potuto realizzare le scuole della nostra città con 67.000 euro, ai quali aggiungerei anche le allegre spese di rappresentanza della nostra Giunta. 50.000 euro che avrebbero fatto molto comodo alle casse delle scuole, che devono chiedere ai genitori persino la carta igienica! Mi si permetta, infine, un'osservazione culturale.

Non so dove viva il nostro vice sindaco, ma da molti anni nelle case si parla, si ride, si piange, si comunica in italiano! È quello «l'idioma che i bambini sentono parlare dalla loro tenera età». E se proprio di dialetto vogliamo discutere, ricordo al vice sindaco che sono suoi concittadini molti bresciani di origine siciliana, napoletana, toscana, romana, milanese, pugliese, piemontese, veneta. Mio suocero, ad esempio, era romagnolo e mia suocera, che abita in un paese bresciano ai confini con la provincia di Bergamo, parla un dialetto ben diverso dal mio! Senza parlare poi dei nostri concittadini stranieri!

Vede quanti idiomi diversi ci sono! E tutti alla pari! Se devo pensare ad una lingua che unifica, che mi fa sentire appartenente alla mia comunità, è l'italiano. Una grande vittoria della scuola è stata proprio quella di aver dato una lingua comune a tutti. Il vice sindaco dice che «la scuola è efficace nell'attività di educazione quanto più risulta inserita nel suo territorio e quanto più riesce a concretizzare il suo insegnamento didattico con la realtà». Ma cosa intende con «territorio» e «realtà»? Il limite ristretto di un quartiere, di un paese, di una città? Una vita fuori dal tempo, fatta di particolarismi settari, aridi e inutili in un mondo sempre, per fortuna, culturalmente più globalizzato? È questa la visione del futuro che avete in mente? È questa la società che ci proponete? Invito il vice sindaco ad entrare in una delle nostre scuole cittadine: si troverà di fronte a un universo di esperienze, possibilità, differenze costruttive e stimolanti. Si troverà di fronte a percorsi che, nel rispetto, creano ponti, connessioni, condivisioni. Si troverà di fronte al mondo.


Quello in cui i nostri figli vivranno.

Paola Dioni

Brescia

martedì 16 marzo 2010